Il quinto giorno ci porta in giro tra Tursi, Craco e i Calanchi di Aliano.
Il risveglio sul Pollino, ancora una volta, si rivela piacevole. Colazione, doccia selvaggia senza più pudore e imbarazzo e con metodi altamente discutibili ed infine smontaggio delle nostre tende.
Tutto prosegue tranquillo e, in un tempo senza tempo cronologico, in una condizione sospesa, ci siamo dimenticati che giorno sia: improvvisamente ci rendiamo conto che il calendario segna “15 Agosto“. La magia è infatti rotta da numerose macchine che arrivano cariche di persone, birre e angurie. Tutt’a un tratto Ferragosto si fa sentire ed è giunto per noi il momento di scappare verso luoghi silenziosi. Tursi, Craco e i Calanchi sono le nostre prossime tappe
Lasciamo il fresco e ci buttiamo nel caldo di una Basilicata arida, secca e lucente.
Qui la prima e la seconda parte del viaggio.
Tursi e Craco
Arriviamo a Tursi, seguendo strade dorate dal terreno talmente secco che i raggi solari riflettono da ogni parte facendo sentire le fiamme estive alzarsi dall’asfalto.
Tursi su una collina guarda dall’alto il dispiegarsi dei Calanchi, cosa che scopriremo e ammireremo solo tra qualche ora.
È nota come la Rabatana, da Rabat o Rabhàdi. Il suo significato è “tana”, probabilmente perché le sue stradine assomigliano a dei cunicoli. Chissà quale fascino aveva suscitato negli Arabi quando all’epoca vi si insediarono ribattezzandola in questo modo. Forse ricordi di quei posti lontani da dove sono state importate numerose tradizioni.
Nel nostro girovagare non incontriamo nessuno. Ci sentiamo inghiottiti dall’afa. Alla controra troviamo asilo su alcuni gradini all’ombra, mangiamo e finalmente ci viene incontro un anziano signore con cui scambiare due chiacchiere. Per noi è vita.
A Craco invece non c’è nessuno, questo lo sappiamo, perché ormai è una città fantasma. Dagli anni sessanta, a causa di una frana, si è vista svuotarsi fino al terremoto dell’Ottanta. Agibile in un percorso in sicurezza, la visitiamo tra i suoi resti spettrali che paradossalmente ne lasciano uno scheletro intatto ben visibile da lontano. Craco, solo gli asini sono rimasti a sorvegliarti! Sulla strada solo un chiosco, che sembra fermo agli anni Ottanta, lascia traccia di vite umane. Ancora una volta siamo calati in un tempo senza tempo.
Appena fuori Craco ci fermiamo per osservarla nella sua magnificenza che sovrasta il panorama. Godiamo di una vegetazione rude che offre un po’ d’ombra, oltre a dei frutti dolci come il miele. Ne prendiamo un po’: ad esempio a me piace rubare/le pere mature sui rami se ho fame/ma quando bevo sono pronto a pagare/l’acqua che in quella terra è più del pane (citando Rino Gaetano).
I Calanchi di Aliano
Con il cuore, gli occhi e le pance piene, proseguiamo verso la prossima tappa: i Calanchi di Aliano.
Di fronte a noi si estende il canyon lucano: il vuoto della valle immensa sotto i nostri occhi estasiati. Ancora animali silenziosi a controllare e ad accoglierci in un ecosistema per noi nuovo.
Scendiamo tra i Calanchi: oro tutt’attorno. Finalmente scendiamo dalla macchina. Per noi è tutto un gioco: siamo piccoli scalatori, grandi amici ed esploratori. Ad esempio a me piace per gioco/tirar dei calci ad una zolla di terra (citando ancora Rino Gaetano).
La terra è argillosa e piacevole al tatto. A guardarla da vicino ti perdi nelle piccole crepe, quasi fossero strade, sentieri da percorrere.
Al tramonto esplode il colore: l’oro si tinge di sfumature ramate. Il fuoco ci circonda. Ancora silenzio.
Fuori programma
Può capitare che qualcosa che in genere non ti piace possa meravigliarti per il semplice fatto che in quel momento stai condividendo lo stupore altrui. Gli occhi di Raffaele splendono del tramonto che abbiamo di fronte, ma soprattutto per aver avvistato un piccolo essere.
Seguono le foto di un ragno, abitante dei Calanchi al tramonto, poco prima del crepuscolo, baciati dalla luna.
One response
Che maravighia, que maravilla, che splendore