Il viaggio prosegue tra i Pini loricati del Parco Nazionale del Pollino e la sorpresa di trovarsi ai piedi di alberi centenari, solidi come rocce e capaci di adattarsi ad un ecosistema rigido.

Per la prima volta sono di fronte ad una montagna. Io che amo il mare più di tutto e che decido di abbandonare il mio scetticismo, travolta dall’entusiasmo e dalle passioni di amici cari. Alfredo è forza pura quando si tratta di montagne. E poi ci sono in ballo i Pini loricati del Pollino, non potevo rifiutare.

Qui la prima parte del viaggio


Giorno numero quattro – Pollino e Pini loricati

Lasciare le tende al mattino presto. Armarsi di scarpe da trekking e vestiario adatto. La brezza mattutina ci accompagna e iniziamo a salire. Respiriamo tutto ciò che di buono ci può essere. Se chiudo gli occhi, semplicemente qui d’avanti allo schermo del computer, sento quel profumo.

Silenzio e spazi aperti, immensi. In lontananza lo scampanellio delle mucche che pascolano al sole. Una vita beata, fatta di tranquillità. Rivedersi negli animali e inventare storie, un po’ come sanno fare i bambini. Restano storiche quelle mucche “commarelle”, citate ancora oggi come segno di amicizia.

Si procede a passo svelto. Un cane pastore, con sguardo bonario, è il nostro lasciapassare. Sorridiamo, Raffaele ha gli occhi illuminati. E poi in lontananza eccoli: i signori indiscussi del Pollino. I Pini Loricati, come spennellate argentate e verdi, ci salutano dall’alto.

Manca poco, in una marcia in salita sempre più difficile che mette a dura prova più che il corpo lo spirito. Qualcosa accade, ma resterà lì tra quelle vette con la certezza di oggi che ho un legame fortissimo e inestimabile. Tu sai.

Pini loricati ovunque: centenari e possenti, ma anche modellati per resistere al freddo invernale. Rami dall’aspetto unico per adattarsi ai venti dominanti. Tra quelle vette i Pini si sono rifugiati per non soccombere ai faggeti. Alberi che sembrano sculture nelle forme e nel colore.

E in mezzo a tutto questo silenzio, saziare gli occhi ma anche le meritate pance, in un rito che ci accompagna da giorni: pane e sausicch (salsiccia dura). Appisolarsi all’ombra dei pini, protetti dallo sguardo dei cavalli che in un tacito e rispettoso accordo ci consentono tutto questo.

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