Gian Maria Accusani si racconta nel suo tour “Da grande faccio il musicista”.

Se quarantotto ore dopo (o poco in più) ne stiamo ancora parlando, vuol dire che qualcosa di grande è successo sul palco del Covo Summer. Concerto con un pubblico ristretto che subito da l’idea che tra quelle persone siano tanti gli ascoltatori di vecchia data, probabilmente dai tempi dei Prozac+.

Gian Maria Accusani come un narratore desideroso di raccontarsi si apre come un libro senza filtri. Forse qualche aneddoto è noto a molti dei presenti ma si ha la sensazione che l’artista abbia voglia di raccontare anche cose più intime. Le storie saranno anche di vecchia data, ma il carico emotivo è così elevato che Gian Maria riesce a coinvolgerci tutti facendoci sorridere come se ascoltassimo per la prima volta la sua storia e quella delle sue band.

Il filo conduttore di questo spettacolo è il passato di buona parte di noi presenti: se da un lato si parla della sua storia personale e del legame con i membri delle band fondate, dall’altro è la storia della rivoluzione musicale e culturale degli anni Ottanta. E non importa che tu sia nato per forza in quegli anni: tanti i giovani presenti, segno che i Prozac+ e i Sick Tamburo hanno fatto storia.

Tra parole e canzoni

In realtà sono di più le parole, e le canzoni passano in secondo piano, se così si può dire, facendo da cornice a questo spettacolo. Sinceramente, la cosa non ci dispiace per niente! La narrazione è lineare e cronologica e va avanti a partire dagli albori fino ad oggi.

Per dovere di cronaca dobbiamo precisare che per causa di forza maggiore ci siamo perse i primi 15 minuti di spettacolo ma fortunatamente, al nostro arrivo la storia era ancora a metà degli anni Ottanta.

Gian Maria adolescente con la passione per il punk britannico e tutto ciò che rappresenta la musica fuori dall’Italia. Gian Maria alternativo che studia la cultura d’oltremanica così nel dettaglio da passare il tempo a definire il suo look con estrema precisione. Gian Maria con i capelli tirati in su nelle vesti di un personaggio sconosciuto al panorama italiano, così insolito da essere fermato più volte dalle forze dell’ordine. Gian Maria che, nella sua Pordenone, entra a far parte di movimenti artistici indipendenti come The Great Complotto.

Gian Maria che sogna Londra e a diciott’anni con duecentomila lire in tasca e una valigia di cartone in prestito, prende e parte. Lascia Pordenone, la famiglia e gli amici e si butta a capofitto in una città in fermento in cui ribolle tutto ciò che sogna da tempo. Tutto questo per Gian Maria è un bisogno.

Ho bisogno di parlarti del perché voglio star solo
Del perché odio la gente, del perché amo la gente
Ho bisogno di parlarti delle canzoni che ascolto
Di come sta mia sorella e della fame d’aria che ho

(Ho bisogno di parlarti, Sick Tamburo – Senza vergogna)

Ritorno a Pordenone

Londra-Berlino-Pordenone: Gian Maria con il desiderio di mettere in pratica tutto ciò che ha imparato torna a casa.

Capisce presto che la batteria va messa da parte perché fondamentalmente il batterista è l’elemento meno considerato quando bisogna scrivere la musica. Gian Maria ama la batteria e per lui resta lo strumento più bello, però deve prendere in mano la chitarra per avere spazio e scrivere.

Con questa consapevolezza inizia a mettere nero su bianco tutto le sue idee. Vuole delle donne nel suo gruppo perché all’epoca erano poche le band a maggioranza femminile. Eva Poles ed Elisabetta Imelio sono quelle giuste. Eva è la sua “fidanzata/ragazza/morosa/come la chiamate voi” (cit.). Elisabetta è la sua “donna-calamita“. Difficile da spiegare questo legame ma vi basti sapere che “non esiste canzone che non abbia scritto pensando a lei o che parlasse di lei o che fosse ispirata da lei”.

Tu mi spacchi dentro e spingi lentamente
Dentro la mia mente che è rimasta fuori ad aspettare
Sei bella ma mi fai male non riesco a respirare
E’ tuo ogni mio momento di gioia e di dolore
(Mi mandi fuori, Prozac+ – Gioia Nera)

Prozac+ è il nome della band. Da dove nasce questo nome? L’antidepressivo più famoso della storia viene prescritto per ovvi motivi: tuttavia non verrà mai usato e paradossalmente avrà lo stesso effetto per il semplice motivo di aver dato alla luce una band!

Dei Prozac+ ascoltiamo GM e Più niente.

Sciogliersi e ritrovarsi

Dieci anni di Prozac+ e gli eventi prendono il loro corso a arriva il momento della pausa. Pausa che verrà interrotta dall’energia di Elisabetta che ha voglia di fare qualcosa di nuovo e di cantare di più. Sembra sia doveroso dare spazio a questi desideri e noi la ringraziamo per aver insistito senza arrendersi. Nascono i Sick Tamburo.

A questo punto inizia a succedere qualcosa di grande: guardando il palco ci rendiamo conto che non c’è solo Gian Maria con la sua chitarra. Nel raccontare ci riporta spesso le conversazioni con Elisabetta e sembra proprio di assistere a conversazioni passate. Più volte un brivido sale e un sorriso ci colora i volti.

E la tua faccia arrossata
Dal primo sole di marzo
La tua mania per le foto
Che non mostravi a nessuno
Perché ora tutto mi manca
E prima sembrava poco?
E quei tuoi balli impacciati
Lo so, non li vedrò più, no

(Il fiore per te, Sick Tamburo – Senza Vergogna)

La canzone del rumore, La mia mano sola, Il fiore per te: si canta tutti insieme. Gian Maria a più riprese ci dice che siamo bravi: “siete troppo fighi!”. Pare che siamo i più fighi di tutti, non ce ne vogliano male gli altri, ma noi ci crediamo!

Speranza e consapevolezza

Poi sappiamo tutti come va a “finire” la storia dei Sick Tamburo: il grande male e la perdita, tua Gian Maria, ma anche nostra.

A questo punto possiamo solo ringraziarti per come ne hai parlato continuando a essere in una conversazione intima con noi ma al contempo rispettando il dolore che c’è dietro.

Grazie per averci detto che Un giorno nuovo è la canzone della speranza e che coincide col periodo affannoso della ricerca e dell’informazione su tutto ciò che può riguardare un male del genere.

Grazie per averci condiviso le emozioni che vi hanno accompagnati in questi anni della condivisione del vostro tempo e del bene che vi ha legato.

Grazie per averci raccontato di come sia nata La fine della chemio e di quello che ha provato Elisabetta ascoltandola. Eh si, aveva proprio ragione: questa canzone andrebbe condivisa a più non posso. A volte, anzi tantissime volte, le parole possono aiutare ad andare avanti, che siano le parole di chi scrive o di chi le ascolta.

Siamo troppo fighi

E si passa dalla delicatezza al sorriso senza troppi fronzoli: il tempo sta per scadere ed è il momento per le ultime canzoni.

Cosa c’è dietro Quel ragazzo speciale? Un artista che per caso si imbatte nella storia di un padre e del suo figlio con autismo e che in venti minuti ha il testo pronto. Certe storie, senza troppi giri di parole, scatenano un mondo di pensieri. Poi ci sono gli artisti che ti scrivono una canzone.

Andrea è così speciale, Andrea è così speciale
Come lui ce ne son tanti ma nessuno è uguale
C’è chi parla, c’è chi tace, ogni Andrea però è speciale

(Quel ragazzo speciale, Sick Tamburo – Paura e l’amore)

Siamo alla fine ed è tempo di scegliere l’ultima canzone: una dei Sick Tamburo o una dei Prozac+? Gian Maria è un persuasore con una buona arte della retorica e ci convince a scegliere quella in cui saremmo più bravi a cantare, perché “siete troppo fighi”:

Non ti posso offrire non ti posso dare
Una famiglia felice una casa al mare
Non ti posso offrire non ti posso dare
Quella normalità che per te vale

(Sono un’immondizia, Prozac+)

Questa volta non ho foto “di qualità”, solo queste due scattate col telefono. Ma questa volta è stato bello ascoltare.

[Ho scritto questo articolo a quattro mani con MariZucca: importante è stata la sua revisione come importante è stato sentirla cantare le canzoni che l’hanno accompagnata in adolescenza]

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