Mercoledì 16, dopo Andrea Laszlo De Simone e Colapescedimartino, posso solo finire in bellezza: Teatro Romano di Fiesole per l’Estate Fiesolana, questa volta Lucio Corsi. Avrei dovuto vederlo a marzo per l’uscita del suo disco Cosa faremo da grandi? e con grande sorpresa il tour è stato recuperato.

In questo momento non ricordo quand’è stato che l’ho visto. Ricordo di averlo visto un paio di volte, ancora apriva i concerti di altri, forse quello dei Baustelle o di Brunori Sas. Fatto sta che ne ho seguito lentamente il percorso e possiamo dire la sua crescita. Lucio Corsi resta coerente con quel ragazzo cantastorie glam che vidi anni fa. Ha ancora la capacità di vedere il mondo con occhi speciali. Lui fa parlare le cose, gli animali, gli alberi. Si fa domande che a poche persone possono passare per la mente. In fin dei conti qualcuno se lo è chiesto chi ha creato le conchiglie e chi le ha colorate?? Lucio sì, e ne da spiegazioni fantastiche.

Il concerto si apre con Freccia Bianca e con un Lucio dal look eccentrico: pantaloni a zampa, scarpe col tacco meravigliosamente appariscenti e un cappello grande, bello e con una bellissima piuma nera.

Subito si regala al pubblico con semplicità. Chiacchiera, vuole spiegare ogni canzone, dice di sentirne il bisogno, magari un giorno gli passerà (e io aggiungerei “no, per favore non fartela passare”).

Prosegue con L’orologio, ricordandoci (forse mi sento chiamata in causa) della voglia di ritrovare un amico perso, di andare indietro nel tempo. Però riflette e ci ricorda che dobbiamo andarci cauti con i ricordi: alla fine ci dimentichiamo di tutto e di tutti. Chissà.

Si continua con Trieste, Cosa faremo da grandi, Amico vola via, Big Buga, Onde e La ragazza trasparente: e così con la bocca aperta, letteralmente incantata, ascolto storie come se fossero fiabe. Mi perdo a Trieste dove hanno capito che il vento non è un freno, ma cambiando prospettiva diventa una spinta. Sull’isola del Giglio c’è una donna che ha colorato le conchiglie. Poi c’è qualcuno, probabilmente Lucio, che sottoterra scaverà una galleria per arrivare in Cina. Le onde girano e a mezzogiorno se ne vanno indisturbate dove nessuno tocca. E poi c’è la storia più bizzarra: un ragazzo che vola via perché è troppo secco, a cui però nessuno ha costruito delle ali, ma solo armature pesanti.

La band esce e Lucio si crea un momento in acustico, più intimo: al piano ci fa Senza titolo, che è praticamente una talking blues per poi passare a Hai un amico in me, nella versione italiana della canzone di Randy Newman. Eh si, è subito Toy Story! Maremma amara ci porta alla terra di Lucio Corsi e al suo forte legame con essa:

Sia maledetta maremma maremma
Sia maledetta maremma e chi l’ama
Sempre mi trema ‘l cor quando ci vai
Perché ho paura che non torni mai

Si finisce con altri pezzi fiabeschi dal vecchio disco Bestiario musicale (La lepre e Il lupo) e Altalena Boy, dal primo disco Altaena Boy / Vetulonia Dakar del 2015. Il pubblico le canta tutte, la prova che questo ragazzo ha fatto breccia nei cuori di molti. Infine le cover: Lucio è all’altezza di De Gregori con Buffalo Bill e di T. Rex con 20th century boy.

E il bis? È in vecchio stile riproponendo brani già fatti, con la promessa di sorprenderci come se non le avessimo mai ascoltate. Siamo un pubblico bravo e ci esaltiamo ancora una volta ascoltando Freccia bianca e Cosa faremo da grandi.

Che dire, ci ha stregato con la sua bravura e originalità. Con la sua simpatia e voglia di coinvolgere il pubblico: ha risposto a chiunque gli abbia urlato apprezzamenti, informazioni su compleanni o città di provenienza. L’umiltà è per pochi, sicuramente lui ancora ne ha e questo me lo fa apprezzare ancora molto.

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