La quarantena ha scandito le nostre vite in fasi: adesso affrontiamo la fase due, con meno silenzio, ma ancora a piccoli passi.
Questo articolo è un po’ diverso dagli altri ma scattando le foto non ho potuto fare a meno di portare con me diverse riflessioni personali. C’è un filo che lega tutte le fasi di questa quarantena, ogni step porta con se quello precedente.
(Quindi prima parlerò, ma se volete le foto sono in fondo!)
Fase uno: reinventarsi
Meno di sessanta giorni: dal nove Marzo l’obbligo di restare in casa, di uscire solo per questioni necessarie. Non prendere il treno, non “scendere” a casa (per chi una casa ce l’ha anche altrove), non vedere gli amici, non avvicinarsi troppo agli altri, non uscire senza mascherina, non creare assembramenti, non andare a lavoro. Probabilmente ognuno di noi ha una lista infinita di altri divieti.
Allora ci siamo reinventati per sopravvivere ai diversi “no”. Ci siamo messi a fare cose dentro le nostre quattro mura di casa. Cose che facevamo anche prima, cose che non abbiamo mai fatto. Abbiamo imparato a cucinare, a tenere in mano un pennello, a disegnare, a fotografare. Ci siamo letti tutti i libri che avevamo, siamo diventati cinefili, non abbiamo più serie tv da guardare perché ce le siamo divorate.
Da soli o in compagnia
Da soli o in compagna, qualcosa è cambiato, anche se a volte non ce ne rendiamo conto.
Abbiamo condiviso gli spazi, laddove abbiamo avuto la possibilità di non rimanere da soli. Ci siamo creati altri spazi di condivisione, virtuali, per sentirci vicini e meno soli. C’è chi ha vissuto la solitudine, chi si è ritrovato ancora una volta solo. Chi ha cercato attenzioni, chi ha staccato il telefono. Qualcuno ha fatto ventimila videochiamate, chi le conta sulle dita di una mano. Abbiamo litigato, sorriso e a volte abbiamo desiderato uno spazio tutto nostro, con dentro nessuno. Delle relazioni si sono interrotte, qualcuno se n’è andato. Qualcun altro è rimasto rafforzando legami. Per altri non è cambiato nulla.
Qualcuno tra noi ha avuto paura: di toccarsi, degli altri, di morire o semplicemente di non riuscire a prendere sonno. All’improvviso le emozioni si sono amplificate. Per qualcuno significa disagio, ansia infinita tristezza. Non tutti usciranno indenni dall’isolamento.
Ricerca della “normalità”
Ci sono stati i compleanni, gli anniversari, le non ricorrenze, i lunedì che hanno mantenuto il sapore del lunedì. I fine settimana al sapore di pizza e le domeniche che pensi a tua madre che cucina. C’è il pensiero dei giorni che verranno.
È scoppiata la primavera, il polline c’è chi se lo sente fin dentro alle narici. Qualcuno vive in campagna, qualcuno in città. C’è chi gode di un balcone, chi di cinque minuti di passeggiata, se così si può chiamare il tragitto casa-cassonetto della spazzatura.
Sembra l’ennesima pubblicità che fa leva sui sentimenti e poco c’entra col prodotto da vendere. Eppure è così che ci siamo sentiti, e qualcosa in più, o qualcosa in meno.
Fase due
E poi il quattro maggio è arrivato, e ci hanno detto che siamo un po’ più “liberi”. Libertà parziale per tutti. Che poi che vuol dire? L’hanno chiamata “fase due” della quarantena, ma porta con sé lo stesso silenzio della fase precedente.
Allora anche io sono scesa di casa, ho passeggiato e i piedi mi hanno portata verso il centro della mia città. Sono passata nei luoghi noti, quelli che a volte mi hanno addirittura annoiata. Se avessi potuto scegliere sarei corsa verso qualche bosco, perché adesso ho bisogno di vedere meno cemento e più natura. Ma mi sono accontentata.
Ho una teoria: se cammini nei posti giusti e nei momenti “non di punta” puoi goderti ancora il silenzio. E così ho fatto. È stato bello camminare senza sgomitare con i turisti. Mi ha dato tranquillità sentire pochi rumori proprio in quei posti dove qualche mese fa c’era solo caos. Ci ho scherzato su: pensa Firenze sempre vuota!
Poi però mi sono fermata e ho pensato che in realtà è assurdo trovarsi in quella piazza, alle tre del pomeriggio ed essere in meno di dieci. Com’è possibile che Piazza Santa Croce, Ponte Vecchio, Piazza della Signoria, il Mercato del Porcellino siano vuote? Cosa è successo?
Nei fatti sappiamo cosa è successo, ma io ancora non riesco a spiegarmi tutto questo. La fase due ci permette di essere un po’ meno in quarantena, ma il silenzio è ancora assordante.
[Vi avevo detto che questo articolo sarebbe stato un po’ diverso dal solito. Ho parlato tanto della fase uno e delle vite dentro casa con il mondo fuori. Adesso non riesco a guardare quel mondo senza la “lente fotografica” del mio vissuto. Quelle piazze e quelle strade risentono di questo mio nuovo sguardo.]
One response
Sono a Firenze, eppure non la vedo da tanto! L’immagine per me più impressionante è quella giostra chiusa 🙁